| Quella dello stocche non era una battuta, anche se poteva sembrarlo: io volevo proprio fare un discorso serio. Nel senso che sono seicento anni che gli stoccafissi partono dal mar glaciale artico e arrivano nel mediterraneo: ormai lo stoccafisso è parte della cucina italiana, accomodato, alla messinese, alla vicentina e chi più ne ha più ne metta, ma la materia prima arriva da molto lontano. Difficile parlare di cucina del territorio. È che a me questa faccenda della cucina del territorio non mi ha mai convinto fino in fondo. Un po’ che sono prevenuto per via della mia idiosincrasia nei confronti della decrescita felice, a cui troppo spesso viene associata la sovranità alimentare. Se poi penso alle cazzate di Pallante sullo yogurt, allora mi viene voglia di comprare un chilo di pere cilene e mandare tutti quanti affan. Ma non lo faccio, perché capisco la stagionalità, capisco l’importanza di consumare i prodotti locali, però c’è sempre un però. Noi viviamo nel Mediterraneo, un mare di civiltà che si è diffusa da est verso ovest (per lo meno nei tempi antichi) grazie alla facilità di comunicazione, che ha portato anche alla condivisione di usanze, parole, cibi. E sulle parole il camallo dovrebbe saperne più di me. A Trapani si mangiano il cuscussù e il pesto. Certo: sono rivisitazioni di piatti originari di altre parti del Mediterraneo, ma sono indicative della ibridazione che c’è stata nell’area del Mediterraneo. Ma prendiamo altri esempi di piatti “tipici” di una località o di una regione. La focaccia: cosa c’è di più ligure, anzi di più genovese? Forse solo il pesto, nemmeno la torta pasqualina, nemmeno il pandolce. Eppure. Eppure la focaccia si fa con la farina; ora: quanti campi di grano ci sono in Liguria? Io non mi ricordo di averne mai visti. E i norcini? I norcini, quelli che fanno salami e insaccati si chiamano così perché anticamente i professionisti dell’insaccato venivano dal circondario di Norcia. Ora tutti sappiamo che per fare gli insaccati serve il sale, e di saline in Umbria non ce ne è nemmeno mezza. Magari c’erano in Toscana, e da lì partiva il sale per arrivare nel resto dell’Italia Centrale. In Liguria sono infinite le vie del sale che portano verso Piemonte, Lombardia ed Emilia, e magari (io non lo so) chi portava il sale oltre Appennino tornava indietro con la farina che serviva per fare la focaccia e tante altre cose. Ci sono città che sono nate e prosperate proprio sulla produzione e sul commercio del sale. E allora mi piacerebbe ragionarci un po’ su, su questa questione della sovranità alimentare. Che non è soltanto fare a meno degli Ogm o sostenere la produzione della terra, roba che fino lì è facile essere d'accordo.
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