IERI OGGI & DOMANI

Fabrizio De André, un grande del novecento oltre retoriche, agiografie e luoghi comuni

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view post Posted on 3/2/2006, 15:44
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CITAZIONE (surcouf @ 3/2/2006, 15:38)
vogliamo tornare all'argomento ?
perché non della qualità vocale di DeAndré si discute, ma della qualità della musica delle sue opere, in particolare del primo e meno innovativo periodo.
Personalmente ritengo che il rapporto di importanza e qualità tra testo e musica era inizialmente di 7 a 3. Col passare del tempo e le giuste frequentazioni (oltre all'evoluzione personale) si é arrivati a un bell'equilibrato 5 a 5 ed oltre (ossia un'amalgama ottimamente riuscita che non si può più scindere).

Letto, approvato e sottoscritto, ma vado oltre: se si segue con un minimo di attenzione la storia dello sviluppo degli ultimi album, non sarà difficle trovare riferimenti degli stessi Bubola, Pagani, Fossati a brani costruiti in funzione della voce di Faber: non a presciderne, nè ad adattarla.

Sul significato complessivo del suo lavoro, lasciatemi tornare a Zena e a trovare il tempo di farlo, e sarò chiaro al riguardo.

(si parla di Faber: Pholas dov'è?)
 
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view post Posted on 3/2/2006, 16:21


Edicolante

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Non sono un esperto, ma mi par di ricordare di aver letto che lo stesso De Andrè, da persona intelligente qual'era, fosse piuttosto critico ed ironico in merito alle sue qualità musicali, cosa per altro confermata dall'appoggiarsi continuo a musicisti più bravi di lui, per mettere a punto il lato musicale della sua opera. Da Piovani a Bubola, da Pagani a Fossati, da De Gregori a suo figlio, dimostrando l'intelligenza di fermarsi prima e di saper scegliere fra collaboratori di qualità, per cui gran poeta e gran cantante non gran musicista, anche se la qualità del saper valutare e decidere non è cosa da poco.

Edited by Frankie&Johnny - 3/2/2006, 16:23
 
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Petgirl
view post Posted on 3/2/2006, 21:09




Musicista o poeta? Direi che poeta lo è stato sempre, fin dagli inizi, seppur in maniera diversa via via che passavano gli album; musicista invece lo è diventato col tempo, con l'aiuto di musicisti dalla nascita e con una voce sublime e sempre più calda e raffinata.
Faber, dove sei? wub.gif
 
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view post Posted on 3/2/2006, 21:49
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Rileggo alcuni interventi con più attenzione, finalmente, e su quello del Piratone e di Frankie(Santo)&Johnny e mi sopravvengono un paio di considerazioni spicciole.

Sulla minore portata innovativa del primo periodo non sono d’accordo: Fabrizio ai suoi esordi era un misto di Brassens (modello tutt’altro che semplice), riferimenti folk, musica classica; componenti alle quali aggiungeva una sua particolarissima elaborazione di musica mitteleuropea con il valzer, napoletana con la tarantella (Napoli con la Sardegna sarà sempre la fonte alternativa d’ispirazione alla sua Zena) e musica francese con la giava. Quell’impostazione, nella musica italiana coeva, era inusuale e l’assenza di scansione ritmica esterna (di batteria non se parlava proprio) permetteva maggiore attenzione ai testi.
L'effetto finale delle sue canzoni fu pertanto molto innovativo, e per certi versi addirittura sorprendente, perché la coesistenza di riferimenti così numerosi e lontani finiva per assegnare ai suoi personaggi una sorta di indipendenza da un’epoca identificabile, direi metatemporale.

Sulla ricerca, sottolineata da Marco(F&J), di partners musicalmente qualificati, ne parlai più volte a proposito di Miles Davis: c’erano,nella prima fase, robuste iniezioni di sostanza cha non erano però (perlomeno non soltanto) ricerca di superamento dei suoi limiti, ma la consapevolezza che le sue aspirazioni e i suoi orientamenti erano troppo vasti per essere svolti autonomamente. La musica di Faber, da “Non al denaro…” in poi, diventa modellazione di troppe componenti diverse in un insieme nuovo e ad ogni stimolo lui assegnò un’espressione in carne ed ossa. Ricordo Miles che scriveva, a proposito di Bill Evans: “…ho insistito a lungo perché a quei tempi era il modale che interessava, e per quella faccenda lì avevo bisogno solo ed unicamente di lui”.

 
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Paul knight Templar
view post Posted on 4/2/2006, 16:08




CITAZIONE (WebMichi @ 3/2/2006, 21:49)


....Sulla minore portata innovativa del primo periodo non sono d’accordo: Fabrizio ai suoi esordi era un misto di Brassens (modello tutt’altro che semplice)...

Brassens è stato il suo primo amore,idealizzato a tal punto da aver sempre evitato di incontrarlo,per paura di doverne restare deluso in qualche modo (cito De Andrè dalla sua biografia).
Sono d'accordo anch'io sull'impatto immediato di De Andrè con un tipo di musica e di poesia niente affatto conciliabile con temi più leggeri o facili.
Sul tema generale,ritengo Faber un poeta in assoluto,prima di tutto,in second'ordine un cantautore.
Lo dicono le stesse esperienze iniziali,le frequentazioni con Tenco,per esempio.
Ma sopratutto le letture disperate degli esistenzialisti francesi.
Non dobbiamo dimenticare che Faber inizia proprio ispirandosi a loro,che non sono assolutamente gente da rima amore-cuore.
Da Geordie a Il testamento,passando per la Ballata dell'eroe alla Città vecchia,Fabrizio usa pochissimo la musica e molto più il testo per,uso un termine poco corretto,divulgare la sua opera.
Del resto il particolare timbro di voce andrà affinandosi e inspessendosi con il tempo,"grazie" a migliaia di sigarette e a migliaia di whisky,che conferiranno quel tono roco che diventeranno un marchio di fabbrica inscindibile dal suo personaggio.
Ho iniziato ad ascoltarlo nel 70,poco prima di la buona novella e Non all'amore,imparando ad amare però tutta quella produzione così diversa e innovativa che aveva fino ad allora composto.
Il suo lirismo diventa ancor più acuto ed evidente proprio in concomitanza con i due lavori citati.
Nella Buona novella traccia un ritratto disperato e sincero di Gesù,visto come uomo,eccezionale si,ma solo uomo.In questo album l'alchimia voce-testo si fonde in maniera sovrumana,tanto da risultare impossibile per chiunque immaginare quel disco cantato da qualcun altro.
In non all'amore la poesia raggiunge il culmine,sulle dolenti parole di Masters,che lui riprende con ancor più pessimismo,creando le dolenti figure del Blasfemo o del matto,del chimico o del giudice.
Ecco,credo che sia la poesia,quella particolare capacità di fondere mirabilmente la lirica a dolenti note a caratterizzare ancor più il Faber successivo.
Se agli inizi non aveva curato in particolar modo la parte strumentale,che risulta difatti più striminzita,con i due album citati si riconosce il tentativo di dare "aria"al testo,armonizzandolo per raggiungere direttamente l'ascoltatore.
Poesia che non conoscerà mai,nel corso della sua vita,una fase di stasi,ma solamente pause tese alla ricerca di nuove espressioni e nuove sonorità,che esploderanno in gioielli come Creuza de mà,il primo vero album etnico italiano,o nelle Nuvole,e ancora più tardi in quel capolavoro supremo che è stato il suo canto del cigno,Anime salve.
Un poeta capace di andare in direzione ostinata e contraria,fuori dagli schemi,in difesa di umili e oppressi o con il dito puntato sulle nuvole,che ci lasciano solo una voglia di pioggia.
Potente,eroe,messia o puttana,la donna e l'uomo sono umani alla deriva,spesso e volentieri,ma sono anche l'araba fenice che risorge dalle sue ceneri.
La grandezza del poeta si misura anche nella capacità di toccare tutte le corde e tutti gli argomenti.
E in questo,credo,umilmente,che abbia trovato la sua dimensione più vera.


 
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view post Posted on 5/2/2006, 13:53
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CITAZIONE (Paul knight Templar @ 4/2/2006, 16:08)
CITAZIONE (WebMichi @ 3/2/2006, 21:49)
....Sulla minore portata innovativa del primo periodo non sono d’accordo: Fabrizio ai suoi esordi era un misto di Brassens (modello tutt’altro che semplice)...

...Lo dicono le stesse esperienze iniziali,le frequentazioni con Tenco,per esempio...

Se parto dalle frequentazioni di Faber con Luigi Tenco, e le contestualizzo nel periodo e nella città (scusatemi ma qui la genovesità non è un vezzo, bensì strumento potente di comprensione di certi fatti), credo di potere trovare conferma all'ampiezza eccezionale di riferimenti musicali che concorrono a formare la figura di De Andrè che, per me, si è affermato nel tempo anche come gran musicista.

L'incrocio delle due biografie è sorprendente nei risultati, e ben si comprende la dedica della bellissima «Preghiera in gennaio», scritta in una notte alla notizia del suo suicidio di Tenco (ma di questa si seppe solo molto tempo dopo).

Luigi Tenco aveva una fortissima passione per il jazz e lega le sue prime esperienze significative (Teatro Duse) prima al clarinetto, poi al sax. Nel 1953, è con la sua Jerry Roll Morton Boys Jazz band (con Bruno Lauzi al banjo) e poi forma un altro gruppo con Gino Paoli (pessimo chitarrista), I Diavoli del Rock. In seguito lavora con Giampiero Reverberi (che produsse alcuni dischi di Faber) ed entra a far parte anche del Modern Jazz Group di Mario De Sanctis, dove alla chitarra c'è proprio Faber, che si ispira alle sonorità e allo stile del chitarrista americano Jim Hall, suo idolo.

Nel 1962 Luigi Tenco interpreta La ballata dell'eroe dell'amico, ancora sconosciuto e qualche anno dopo compone una serie di ballate che usciranno postume nell'album "Tenco canta Tenco, De André, Jannacci, Bob Dylan" del 1972.

In sintesi:

- Le prime uscite di Faber furono tutt'altro che poco innovative: non c'era, sul mercato discografico italiano, un'espressione simile alla sua
- le sue origini musicali erano di ampiezza straordinaria, e credo che per lui, come per altri geni, il problema fosse la definizione di una forma originale che sapesse combinare tante, se non troppe, influenze.
- la stessa storia della sua produzione dimostra come, a differenza di qualsiasi altro, la sola continuità fosse nei versi e nell'impiego verstaile della sua bellissima voce, mentre nella musica lui abbia espresso, a distanza di decenni, un periodo francese, un periodo dylaniano, un periodo da folkstudio, un periodo americano, uno napoletano, uno etnico e saddio qualti altri ancora, sempre e comunque con una sua impronta personalissima.

Belìn, quanto ci manca.

Edited by WebMichi - 5/2/2006, 14:05
 
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ravel
view post Posted on 5/2/2006, 18:13




Una canzone non può essere valutata a partire dal metro della musica strumentale.
Dopo che abbiano separato, con mentalità analitica, testo, musica, capacità di strumentazione, abilità tecnica allo strumento ecc. non riusciamo più e rimetterli insieme.
Conseguentemente perdiamo il significato di che cos'è una canzone e quindi perdiamo tutto De André (che canzoni ha voluto fare, non quartetti o sinfonie).

Le canzoni di De André (non tutte... ) sono grandissime canzoni, la cui riuscita, la cui capacità di comunicazione ed emozione spesso sono perfette rispetto a quello che il loro autore voleva fare.
Se questo è accaduto la musica è in un certo senso per forza notevole, ma il problema è che non si può valutarla separatamente giudicandola, magari, non all'altezza del testo...
Fare questo significa non comprendere la forma canzone. Che è quella alla quale De André - come molti altri - ha affidato la sua voce di artista, la sua riuscita o il suo fallimento.
 
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L'Aquila
view post Posted on 5/2/2006, 18:39




oh là!
Ora si che la discussione sta prendendo una piega che mi piace!!

Non ho il tempo di intervenire ma una letta ogni tanto ci scappa..

(mi associo al "belin quanto ci manca" di Michi, magari con la pronuncia schifosa da triestina )

off topic di servizio: h 21 - rai3 - "Che tempo fa"... in studio dovrebbe esserci Fossati per il suo nuovo album
 
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Punto Zero
view post Posted on 16/2/2006, 07:42




Sulle doti indiscusse di De Andre'di songwriters non ci sono dubbi,lui resta il Cantautore,l'unico,il migliore,vorrei semplicemente sottolineare la grandezza del cantante,dove i cantautori hanno sempre latitato ,lui emerge,con il timbro e l'interpretazione,dosando anche il volume della voce per sottolineare le parole importanti.
Le interpretazioni di Faber sono migliorate tantissimo dal primo periodo(le sue prime canzoni"E fu la notte "e"Nuvole barocche"riprendevano la canzone tradizionale ed in particolare c'erano molte affinita' con Umberto Bindi e Nico Fidenco)e nel duetto con Mina nella nuova versione di "Marinella"(peraltro mortificata da una pessima musica),la tigre di Cremona ha decisamente la peggio
 
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crazy diamond
view post Posted on 20/2/2006, 19:17




QUOTE (Punto Zero @ 16/2/2006, 07:42)
Le interpretazioni di Faber sono migliorate tantissimo dal primo periodo(le sue prime canzoni"E fu la notte "e"Nuvole barocche"riprendevano la canzone tradizionale ed in particolare c'erano molte affinita' con Umberto Bindi e Nico Fidenco)e nel duetto con Mina nella nuova versione di "Marinella"(peraltro mortificata da una pessima musica),la tigre di Cremona ha decisamente la peggio

Mi è capitato tempo fa il volume "nuvole barocche", ho avuto anche io la stessa impressione di evoluzione nelle interpretazioni. In "per i tuoi larghi occhi chiari" non sembra proprio lui...
 
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ravel
view post Posted on 25/5/2006, 08:03




Qualche sera fa Vecchioni ospite da Fazio ha detto che De André è il più grande poeta del novecento. Dopo aver riconosciuto grande valore e importanza alla canzone d’autore (liberata dall’assemblaggio di luoghi comuni che costituivano la “canzonetta”) il professor Gianluigi Beccaria rileva: “Ma la canzone è adatta alla sola lettura? De André ci ha dato, è vero, testi memorabili. Però non sono, alla sola lettura, più grandi di quelli di Saba, Montale o Sereni. Soltanto colla musica e il canto raggiungono la loro alta efficacia. Al punto che anche le più logore parole, le stesse conclusive della famosa Canzone di Marinella (‘e come tutte le più belle cose / vivesti solo un giorno, come le rose’) sono riscattate e trasfigurate dalla voce che le canta”.
Vecchioni risponde: “Anch’io ho sostenuto che poesia e canzone sono ben diverse per struttura semantica e quant’altro (confrontare la mia voce ‘canzone d’autore’ sulla Treccani). Dunque Beccaria ha ragione, siamo d’accordo. Ma per De André unico esempio, il discorso è diverso. De André usa la musica non come sostegno di un sistema significante binario, ma come apporto e complemento alla sua letterarietà, tanto è vero che spesso le ‘sue’ melodie sono di altri. De André cioè tratta la parte melica come facevano Saffo e Alceo sul tetracordo, o ancor meglio Bertrand de Born e Raimbaut d’Aurenga nella comunicazione del fin amor: un secondo linguaggio spesso autonomo per porgere il pensiero, il sentimento; perché è la costruzione letteraria che per lui conta e si riascolti tutta La buona novella per rendersene conto. Quanto poi alla boutade che sia anche il miglior poeta del Novecento, è stata più che altro un coup de théatre ed è poi impressione personalissima che non ha riscontri oggettivi e ognuno può pensarla come crede”.
 
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view post Posted on 5/7/2006, 12:33
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Corsaire retraité

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l'altra sera, al concerto dei Malecorde (Il Vangelo Secondo DeAndré), ripensavo a questo topic e mi sono reso conto di quanto sia difficile prendere a prestito qualcosa di DeAndré senza cadere nell'ovvio e, peggio, nel retorico.
E mi é venuta in mente la scena di Woody Allen in Bananas, quando, rivolto a degli orchestarli che fanno solo finta di suonare, grida: "Vivaldi va suonato più allegro !" (cito a senso).
Ecco: il rasoio a tripla lama che ti cava il pelo dalla coscienza, così ben usato da Faber é arrugginito e non c'é voce ben impostata a declamare o arrangiamento rifatto a piè pari che lo possa sostituire...
 
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view post Posted on 5/7/2006, 15:26
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Trafficante di sogni

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e rileggendo i vari inteventi di questa bella discussione, la sensazione è che non sia possibile dare una risposta al quetito d'apertura: canzone o poesia?

Per me, sia analiticamente che come sensazioni, la risposta è canzone e poesia
 
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view post Posted on 5/7/2006, 15:59
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Corsaire retraité

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CITAZIONE (condor57 @ 5/7/2006, 16:26)
Per me, sia analiticamente che come sensazioni, la risposta è canzone e poesia

right, anche se continuo a ritenere che la prima parte del suo percorso era molto meno stimolante musicalmente che non poeticamente (questo era il senso iniziale del topic).


 
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view post Posted on 5/7/2006, 17:17
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Trafficante di sogni

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senza ombra di dubbio. la crescita musicale del Faber, anche grazie al supporto di fior di arrangiatori, è palpabile. A riprova, l'ultimo suo concerto, che dovrebbe essere Roma / Brancaccio, con relativo dvd in circolazione, dove la sensazione è proprio quella del "concerto" e non del "recital". La svolta in tal senso credo sia stata anche nella collaborazione con la PFM
 
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