| Note sparse dopo la mia assenza di ieri
1. Per me non esiste né è mai esistita una scuola genovese: è uno dei tanti luoghi comuni perpetuati da una critica musicale superficiale che ha eletto un luogo, la mia città, a minimo comune denominatore di figure, temi e musicalità diverse. La frequentazione personale tra alcuni dei musicisti genovesi e qualche collaborazione non definiscono l'applicazione di temi e stilemi a loro comuni. Diciamo invece che Genova è da sempre un centro culturale di primaria importanza, come peraltro Trieste (che resta però per certi versi superiore, quale porta di transito e integrazione verso un altrove molto più vasto del nostro).
2. Il paragone tra Tenco e Faber non ha senso. Ho apprezzato il primo, ma il suo passo d'addio ha chiuso una carriera di cinque-sei anni al massimo come Tenco e un paio d'anni in più in formazioni minori mai arrivate al ricordo e alla consapevolezza del presente (a meno che qualcuno non mi dica di ricordare I Cavalieri...): a sua musica ha interessato le vecchie ciabatte della nostra generazione e pochi altri epigoni. Tenco è rimasto figura di culto per un numero di persone di gran lunga inferiore non solo a De Andrè, ma anche a giganti..."minori" come Guccini, Conte, Fossati. Il tempo a disposizione non gli ha concesso neppure lo sviluppo di un profilo inconfondibile addirittura per sé stesso, come spesso ebbe a lamentarsene in vita: poco prima di lasciarci aveva una decina di canzoni di reale valore al suo attivo, un'attività come compositore che gli deve avere creato non pochi rischi schizofrenici (se non ricordo male, lui era uno di quelli che stavano dietro i Primitives di Mal), un rimpianto dichiarato per la sua origine jazz, un'esperienza cinematografica, un rapporto col pubblico opposto a quello di Faber (perchè a quello Luigi ci teneva, e molto, e basta leggere il suo biglietto d'addio per endersene conto) e molte altre cose che probabilmente lo avevano minato dentro. Ricordo comunque che fu lui a cantare Faber, e non l'opposto.
3. De Andrè e De Gregori. "E' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati"? No, per me è l'opposto. Collaborazione di scarso valore, e disco ben sotto la sua media (intendiamoci, la relatività è la solita quando si parla di Faber...). Per uno come me che si spazzola Faber da decenni in estensione e profondità, quel disco lì significa solamente due canzoni, grandissime: "Amico fragile" e "Giugno'73". Al resto rinuncio tranquillamente, sapendo che se mi fosse stato proposto da altri lo tratterei con ben maggior riguardo.
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