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...Aggiungi poi un altro dato fondamentale: io e te siamo cresciuti in una logica in cui ... un titolo di studio era comunque premessa a un miglioramento sociale, reale (per me è stato così, e penso per milioni d'altri). Oggi il valore sociale del titolo di studio si è abbattuto, e i comportamenti che ne derivano sono per me inevitabili. Sono d'accordo: per esperienza diretta di padre di ventenne posso affermare tranquillamente che oggi l'istruzione fino al livello universitario è percepita più come un obbligo frustrante che come un'occasione vera ed effettiva di conseguimento di un livello culturale tale da generare automaticamente il plusvalore dell'indipendenza economica. La consapevolezza della stragrande maggioranza dei ventenni d'oggi (se ne parlava in casa proprio qualche giorno fa) è quella di avere davanti a sé la prospettiva di una dipendenza dai propri genitori senza limite temporale percepito, e che soprattutto non sia la scuola quella che fornirà gli strumenti per rendersi autonomi. Altro che "bamboccioni": questi se ne vorrebbero andare anche subito a vivere la vita propria, ma ne sono frenati dalla totale mancanza di prospettive economiche. Certo, i "lavoretti" (call center, barista, ecc..) forse anche si trovano; ma con gli 800/900 € che fruttano, chi mai riesce non dico a farsi una famiglia, ma anche e più banalmente andarsene a vivere per conto proprio? E così non resta che studiare per il piacere di farlo: ma quando ti rendi conto che le cose che studi, i corsi che frequenti, le lezioni cui assisti hanno lo stesso livello e ti danno le stesse cose che otterresti con un percorso personale, la frustrazione è doppia (almeno per le materie umanistiche, ovvio che per quelle tecniche il discorso sia diferente, almeno in parte). |