Io mi sento un soffritto.
nel senso che ogni mia creazione culinaria, ogni mio piatto della tradizione o della fantasia nasce, trova l'ispirazione e inizia con pochi semplici elementi che sono per me indispensabili:
olio, aglio, cipolla bionda, sedano, carota, vino rosso o bianco.
Rigorosamente sminuzzati a mano sul tagliere di legno, a piccoli tocchi e lasciati imbiondire con cura prima dell'incontro bollente con il bicchiere di vino opportunamente scelto per il piatto che si va a creare.
Mi sento anche un soffritto.
Adoro il quel profumo inconfondibile fatto di massaie che la domenica, dopo la messa, preparano gli intingoli per il pranzo della festa....
Ah, l’odor di soffritto!
Quello di mia mamma, un dogma… era una preparazione di base, a prescindere, andava bene per qualsiasi ricetta. Era abbondante di burro e cipolla, fatto col concentrato, poiché i pelati allora non andavano di moda, con un profumo rotondo e stuzzicante, talmente corposo che lo si poteva quasi raccogliere col pane.
Sempre nello stesso tegame, grande come un piatto, d’acciaio e con i manici neri, un po’ rovinati.
E non importava se, sfrigolando sul fuoco, il burro schizzava i fornelli, non era un problema pulirli, era un compito di tutti i giorni. Uno di quei compiti che scandivano le ore. Regolari, sempre quelli, accompagnati da rumori familiari, il lavar i piatti, il boborbottio del caffè.
Il soffritto per me sa di famiglia, di ricordi.