IERI OGGI & DOMANI

Mastro Titta,il boia di Roma

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Paul the Templar
view post Posted on 4/6/2008, 14:51




Esordii nella mia carriera di giustiziere di Sua Santità, impiccando e squartando a Foligno Nicola Gentilucci, un giovinotto che, tratto dalla gelosia, aveva ucciso prima un prete e il suo cocchiere, poi, costretto a buttarsi alla macchia, grassato due frati.

Con queste parole inizia un libro inusuale,le memorie di mastro Titta,un nome che nella Roma papalina e clericale del 1800 incuteva paura e timore reverenziale.

Non era un criminale,Mastro Titta,tuttavia il suo compito era uccidere;era il boia incaricato delle esecuzioni a Roma,e nel periodo dal 1796,in cui svolse il suo primo lavoro,come abbiamo letto nell’introduzione del suo libro,fino al 1864,quando andò in pensione,dopo aver lavorato ben 68 anni,giustiziò 516 persone.

Giovanni Battista Bugatti era nato nel 1779 a Senigallia,ed era entrato al servizio dello stato Vaticano all’età di 19 anni;un lavoro ben pagato ma di sicuro non visto con simpatia dalla gente,il, suo.

All’epoca in cui iniziò il suo mestiere,al boia era vietato entrare nella città;in una Roma divisa in due parti,una delineata dalla cinta vaticana,l’altra abitata dal popolo,al boia era fatto divieto di attraversare i ponti per entrare in città;per mastro Titta fu fatta una deroga,e quando doveva entrare in città,la popolazione sapeva in anticipo che ci sarebbe stata un’esecuzione.

Le esecuzioni,infatti,venivano fatte generalmente in Campo dè Fiori o a Piazza del Popolo,in mezzo alla gente comune,sia come monito per il futuro,sia perché le esecuzioni richiamavano moltissima gente;una cosa macabra e triste,ma in ogni secolo le esecuzioni capitali hanno esercitato sulla gente un fascino sinistro.

Mastro Titta svolgeva con diligenza il suo lavoro;prima delle esecuzioni capitali chiamava un prete e si confessava.

Dopo di che,indossata la divisa del boia,con il tradizionale cappuccio rosso,saliva sul patibolo,dove lo attendeva il condannato a morte.

Che di certo viveva gli ultimi istanti della sua vita nel terrore più cieco;i più fortunati venivano appesi per il collo,agli altri era riservata la mazzolatura,con la quale il boia sfondava il cranio del condannato,o anche lo squartamento;i qualche caso il boia usava l’ascia,con la quale decapitava il condannato.

Erano spettacoli molto truculenti,che,come detto,attiravano una moltitudine di curiosi;alla fine dell’esecuzione era di prassi una strana usanza.

Ogni padre o madre dava un ceffone al figlio,per ammonirlo,così,a seguire sempre la strada della rettitudine,per non finire un giorno in pasto a Mastro Titta.

Furono diversi i viaggiatori famosi che assistettero alle esecuzioni di Bugatti;fra essi c’era anche Lord Byron,che così raccontò la sua avventura romana in Campo de Fiori:

«La cerimonia, - compresi i preti con la maschera, i carnefici mezzi nudi, i criminali bendati, il Cristo nero e il suo stendardo, il patibolo, le truppe, la lenta processione, il rapido rumore secco e il pesante cadere dell'ascia, lo schizzo del sangue e l'apparenza spettrale delle teste esposte - è nel suo insieme più impressionante del volgare rozzo e sudicio new drop e dell'agonia da cane inflitta alle vittime delle sentenze inglesi».

Anche il grande scrittore inglese Dickens si espresse con parole dure:

“Uno spettacolo brutto, sudicio, trascurato, disgustoso; che altro non significava se non un macello, all'infuori del momentaneo interesse per l'unico disgraziato attore». Quando il cadavere fu portato via, la lama detersa, e il boia s'allontanava ripassando il ponte, lo scrittore amaramente così concludeva le sue riflessioni: lo spettacolo continua….”.

Mastro Titta morì 90 enne,nella sua Senigallia,e lasciò,come detto,un piccolo libro in cui raccontava non solo la sua carriera di boia,ma fatti di cui era venuto a conoscenza,storie nere,ma anche argute e soprattutto a sondo sexy;in fin dei conti molti delitti avvenivano per una delle motivazioni più antiche al mondo,il sesso.
 
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