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Lo strano meccanismo di Antykitera

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Paul the templar
view post Posted on 21/10/2004, 19:12




La storia di questo reperto inizia con il suo ritrovamento nelle acque della Grecia del Sud, di fronte all'isola da cui prende il nome: Antikythera. La sua scoperta è, come per molte altre, da addebitarsi al caso. Nell'aprile del 1900, una squadra di pescatori si rifugiò in quell'isola a causa di una violenta tempesta. Dopo alcuni giorni, decisero di immergersi in mare in cerca di spugne. Trovarono, invece, alla profondità di circa 42 metri, una nave commerciale antica di duemila anni, carica di statue, monili e vino. L'opera di recupero del relitto, purtroppo, avvenne solo a due anni di distanza, permettendo, nel frattempo, ai trafficanti di antichità di depauperarla di parte del suo prezioso carico. Le operazioni furono effettuate con metodologie assai differenti da quelle impiegate ai nostri giorni, causando purtroppo la scomparsa di molti pezzi e tra questi anche importanti frammenti di quel reperto che, nel 1902, l'archeologo Valerios Stais del Museo Nazionale di Atene, si ritrovò a maneggiare. Si trattava di una strana scatola che esternamente presentava scale graduate e iscrizioni in greco antico e, all'interno, un complesso sistema d'ingranaggi fra cui almeno venti ruote dentate. Nessun marchingegno del genere, risalente a quell'epoca remota, era mai stato trovato in precedenza e pertanto era la prima volta che un archeologo si trovava a studiare qualcosa del genere. La datazione del reperto, realizzata in base agli altri materiali ritrovati a bordo della corbita (la nave) quali vasellame, anfore ed altri oggetti, venne fatta risalire all'incirca al 65 a.C. Tale data fu successivamente confermata dall'analisi paleografica dell'iscrizione, che risultò appartenere al I secolo a.C. Solo dopo essersi accertato dell'esatta datazione del cargo, Stais diede al mondo accademico l'annuncio del ritrovamento di questo straordinario oggetto, ma come troppe volte accade, la scoperta non fu presa nella giusta considerazione. Negli anni a seguire furono avanzate molte teorie sul suo funzionamento. Molti lo considerarono un astrolabio, altri un planetario e, addirittura, c'era chi affermava che non poteva essere né l'uno né l'altro, adducendo che la civiltà greca non era in grado di poter produrre tali tecnologie. Per molti, infine, l'oggetto era stato semplicemente buttato in mare da una nave nel periodo moderno e che per puro caso finì nel relitto in mezzo ad altri reperti.

Attached Image: antikythera3.jpg

antikythera3.jpg

 
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alex8mm
view post Posted on 6/4/2008, 20:24





a cura di Nicola Nosengo
Su gentile concessione di GalileoNet.it

Più lo studiano, più sorprende. Il protagonista del numero di questa settimana di Nature è uno dei più famosi e studiati reperti archeologici, che rappresenta da anni un vero e proprio rompicapo per la storia della scienza e dela tecnologia. Si tratta del meccanismo di Anticitera, una raccolta di frammenti di bronzo ripescati nel 1900 da un gruppo di pescatori di spugne in un relitto (datato attorno al 65 a.C.) vicino all'omonima isoletta greca. Le poche iscrizioni leggibili, con nomi di costellazioni, del Sole e della Luna, fecero capire da subito che i frammenti erano quanto restava di una sorta di calendario astronomico.

Nel corso degli anni, le analisi condotte da diversi studiosi portarono a pensare che si trattasse del primo meccanismo conosciuto basato su un sistema di ingranaggi. Ora, la ricerca pubblicata su Nature descrive un meccanismo ancora più complesso e avanti sui tempi di quanto si credesse: un vero e proprio computer ante litteram, in grado di calcolare, rappresentando rapporti matematici di grande complessità attraverso i rapporti tra il numero di denti dei diversi ingranaggi, le principali variabili astronomiche per qualunque data.

Andiamo con ordine. Il primo studioso a tentare di ricostruire, a partire dai frammenti ripescati, la struttura originale del meccanismo fu, negli anni Cinquanta e Sessanta, lo statunitense Derek de Solla Price. Aiutandosi con radiografie, sia per distinguere la dentellatura degli ingranaggi che per decifrare le iscrizioni, Price concluse che si trattasse di un calendario astronomico con due quadranti, uno sul frontale e uno sul retro, dedicati ai movimenti del Sole e della Luna. Per mezzo di un sistema di 29 ingranaggi, secondo Price, il meccanismo permetteva di calcolare e rappresentare sui quadranti la posizione del Sole e della Luna in un qualunque momento di qualunque anno: gli ingranaggi riuscivano infatti a riprodurre, con un complicato sistema di rapporti e riduzioni, la relazione che lega il ciclo solare a quello lunare, per cui in 19 anni solari vi sono 235 lunazioni (il ciclo tra due noviluni) e 254 mesi siderali (il tempo che impiega la Luna a tornare nella stessa posizione rispetto alla volta stellare).

Era già una conclusione notevole, visto che un uso così raffinato degli ingranaggi per rappresentare rapporti matematici non compare, nella tecnologia occidentale, prima degli orologi del tredicesimo secolo. Tanto è vero che le tesi di Price incontrarono un diffuso scetticismo, e in molti proposero spiegazioni alternative e più semplici del funzionamento del meccanismo.

Ora, un gruppo multidisciplinare di ricercatori britannici, greci e statunitensi guidati da Tony Freeth dell'Università di Cardiff ha rimesso sotto la lente i frammenti, usando tecnologie molto più moderne di quelle su cui poteva contare Price: tomografia computerizzata e rielaborazioni digitali ad alta risoluzione della superficie. Il risultato è stato di decifrare il doppio delle iscrizioni presenti sui quadranti. Portando, per cominciare, a spostare ulteriormente indietro nel tempo la data di costruzione, che dovrebbe essere tra il 150 e il 100 a.C. Più chiare anche le funzioni dei due quadranti: quello anteriore riportava lo zodiaco e le posizioni del Sole e della Luna rispetto ad esso. I quadranti posteriori servivano a prevedere le eclissi di Sole e di Luna.

Secondo Freeth e colleghi, il meccanismo usava ben 37 ingranaggi (8 più di quelli proposti da Price). E la caratteristica più sorprendente rivelata dal nuovo studio è un sistema di due ingranaggi sovrapposti, leggermente sfasati, che servivano a riprodurre il movimento quasi sinusoidale del moto della Luna. Una realizzazione meccanica del modello matematico dell'orbita della Luna sviluppato da Ipparco di Rodi nel secondo secolo a.C., che porta gli autori addirittura a ipotizzare un coinvolgimento dello stesso Ipparco nel design dell'ingegnoso meccanismo. Altre iscrizioni, in precedenza mai rilevate, che fanno riferimento ai pianeti fanno supporre che il meccanismo fosse in grado anche di predire i movimenti di questi ultimi.

Al di là dell'ingranaggio in più o in meno, rimane l'importanza di questo straordinario reperto: che costringe a rivedere al rialzo le più comuni nozioni sulle conoscenze scientifiche e tecnologiche dell'antica Grecia, e mostra come la storia del sapere non proceda sempre in linea retta. Serviranno infatti secoli prima che meccanismi di questa complessità ricompaiano nella storia occidentale. La competenza tecnica che permise di realizzare il meccanismo di Anticitera si perse dopo l'epoca ellenistica, e dovette essere riscoperta quasi da zero dopo il Medioevo.


 
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1 replies since 21/10/2004, 19:12   1304 views
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